11 Gen 2021

Le parole del corpo

L’essere umano è colmo di emozioni, ne è immerso, dentro e fuori e si distingue dagli altri animali per la capacità di riflettere su quanto gli stia accadendo. Viviamo costantemente a contatto con situazioni e stimoli che ci attivano alcune risposte comportamentali e che ci muovono dall’interno e dall’esterno. Spesso tutto questo movimento ci spaventa, ci fa avvertire la sensazione di perdere il controllo e di non riuscire più ad uscire da un tunnel del quale fatichiamo a vedere l’uscita. Le emozioni, sia quelle che definiamo positive, sia quelle negative (rabbia, paura, tristezza…) ci forniscono informazioni per valutare le situazioni, ci inducono a raccoglierne di ulteriori, a prendere decisioni, a organizzare le nostre scelte e il nostro comportamento.

In un interessante libro di Michele Giannantonio ”Paura di sentire”, l’uomo alle prese con le emozioni viene paragonato al pilota d’aereo che costantemente deve monitorare gli strumenti di bordo per cogliere qualsiasi segnali di pericolo e per poter portare a termine in modo sicuro il suo lavoro. Le persone, spesso, tardano o fanno fatica ad associare ad un segnale “fisico” un’emozione, anche se tale segnale è molto intenso e genera un malessere altrettanto intenso. Spesso si impara a convivere con alcuni sintomi fisici e si finisce per non ascoltarli più.

A chi non è capitato di avvertire un senso di chiusura dello stomaco in alcuni momenti della sua vita e che si ripropone ogni volta che deve affrontare qualcosa di importante?

Chi non ha mai sperimentato quel senso di immobilità e pesantezza nel corpo proprio mentre “dovrebbe” essere attivo ed efficiente?

Sono stati comuni che, purtroppo, molto frequentemente vengono ascoltati solo il tempo necessario per accorgersi che sono scocciature che ci stanno impedendo di fare altro nel modo che noi ci aspettavamo. Cerchiamo, quindi, di eliminarli oppure diventiamo molto abili a non farci più condizionare da essi.

“ Meglio non guardare, meglio non pensare, meglio non ascoltarci”: così recita la paura di sapere.

Le sensazioni fisiche che non hanno trovato un’emozione che dia loro il diritto di esistere adeguatamente rischiano di restare confinate nel mondo del corpo fisico: diventano fastidi, disagi, dolori, sensazioni inspiegabili, tensioni muscolari croniche. La psicoterapia è uno strumento prezioso per “accendere i riflettori” sul nostro sentire e aiutare ad “ascoltarci” liberi dal timore di quello che può accadere se ci fermiamo a farlo. La paura di mettersi in gioco, di fermarsi e guardarci, riguarda tutti, il timore di cambiare, di mettere le mani in qualcosa di sconosciuto può bloccarci e convincerci che, in fondo, possiamo anche continuare a galleggiare senza andare mai in profondità, dentro noi stessi.

Ma è questa la realizzazione che ci aspettiamo? È questo che ci auguriamo?

Il non sentire può essere automatizzato, illusoriamente meno faticoso, ma non di meno richiede un investimento energetico. Non sentire può diventare una costosa abitudine consolidata e automatica alla quale ci affezioniamo, ma non è detto sia la modalità più facile del nostro vivere. Cercare di trovare la nostra strada per essere completamente esseri umani forse è un rischio da correre per essere pienamente noi. Mente e corpo.

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