13 Feb 2019

A volte ci si scorda della timidezza, sarà che non ama il centro dell’attenzione …

Ed è proprio così, il fatto di sentirsi in imbarazzo, a volte arrossire o il sentirsi un pò con la voce tremula  nell’esporre le proprie  opinioni o i propri sentimenti, o per opposizione esprimendole in una modalità troppo irruente e agitata, è un modo di essere nel mondo di chi non vorrebbe proprio, molte volte, essere posto al centro dell’attenzione. 

Essere timidi, cioè tendere al ritirarsi dall’esposizione in pubblico, o farlo mostrando dei sintomi di disagio, risulta essere tipico spesso di chi è cosciente di sè, si focalizza molto su alcune sue supposte incertezze e teme di esporle, proprio al giudizio o alla valutazione degli altri.

Può essere presente durante l’infazia, più frequentemente si osserva  in là negli anni quando in adolescenza si comincia a preoccuparsi di che cosa gli altri pensano e di come ci giudicano .

Nella maggior parte delle persone la timidezza si affievolisce con il crescere, sebbene alcune situazioni, come il parlare in pubblico o l’andar da soli ad un momento di incontro (es: una cena, un aperitivo, un’assemblea, la lezione prova del corso di cucina…..) dove non si conosce nessuno, può causare un certo grado di ansia, anche da adulti.  Questa appare essere un palloncino che come si è gonfiato, cosi’ facilmente si sgonfia già nel vivere quell’incontro.

Inoltre la timidezza nelle interazioni ci permette spesso di dare più spazio all’altro, di conoscerlo, offrendogli la possibilità di sentirsi ascoltato e accolto. La timidezza permette quindi di avvicinarsi agli altri con cautela e rispetto, oltre che offrire linfa al ragionamento personale, alla riflessione e quindi allo sviluppo di un pensiero critico, originale, capace di considerare diversi punti di vista.

Quindi la timidezza può essere un’espressione  personale ricca di note di valore, per sé …e per gli altri.

Talvolta tuttavia succede che si passa dalla timidezza,  come sopra descritta, a momenti e situazioni  in cui la si vive esclusivamente come ansia,  timore o vera e propria paura.

Ad esempio in una situazione sociale iniziamo a manifestare ansia molto tempo prima, aumentiamo il nostro stato di disagio mentre stiamo in quella situazione e tendenzialmente in vista della prossima  occasione di incontro pubblico, il nostro stato di preoccupazione risulta  aumentato e non affievolito. Il palloncino in questo caso si gonfia ancora un pò e viene solo momentaneamente accantonato, tornerà in tutto il suo gonfiore alla prima occasione pubblica.

Così succede che si iniziano ad attivare strategie di evitamento degli incontri sociali e si inizia a ritirarsi sempre più, quasi per non guardarlo quel palloncino.

In psicologia si parla in tali casi di disturbo d’ansia sociale  e come ogni manifestazione che causa un disagio significativo a livello di benessere  personale, o compromettendo il proprio funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti della propria vita, merita di essere accolta, conosciuta, compresa  per tornare quindi a trasformarsi: come un pallocino che può gonfiarsi, sgonfiarsi, avere diversi colori, forme, grandezze, a volte può volare via, e a volte può tornare, ma come una presenza…come dire…?.. Un pò più timida?

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