30 Lug 2021

L’INTELLIGENZA E DISABILITA’: FATTORI GENETICAMENTE DETERMINATI?

“Non accettarmi per come sono” fu un libro scritto nel 2011 da Feuerstein, psicologo clinico israeliano, rivolto a genitori e a tutti coloro che si relazionano con bambini con problematiche cognitive, che fece molto scalpore per il suo titolo provocante. Perché mai un genitore non dovrebbe accettare un figlio, indipendentemente dalle sue difficoltà, pur presenti fin dalla nascita? Perché, secondo Feuerstein, “i cromosomi non avranno l’ultima parola”: la genetica e l’ereditarietà possono determinare le condizioni di vita della persona, il suo livello di sviluppo, ma un essere umano non è determinato solo dalle sue caratteristiche biologiche, ci sono altri importanti fattori che influenzano la sua traiettoria di crescita. Con la sua teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale egli ridefinì l’idea di l’intelligenza: non più intesa come un tratto permanente, stabilito a priori alla nostra nascita, ma come uno stato, cioè come un elemento che per sua definizione è modificabile, aperto e in via di sviluppo, condizionato e influenzato da particolari situazioni, condizioni, preferenze, fattori esperienziali ed emotivi alle quali la persona è esposta. L’intelligenza è quindi “l’espressione dinamica di una complessa interazione tra fattori biogenetici, culturali emotivi ed esperienziali, coinvolti in un’interazione complessa”. In quest’ottica, l’intelligenza umana è caratterizzata dalla propensione ad essere significativamente modificata dall’esperienza, portando con sé la produzione di nuove strutture che inizialmente erano assenti, o presenti in modo carente nelle modalità comportamentali della persona, creando così nuovi modi di pensare e di agire: il cambiamento, una volta avviato, influenzerà il corso della sua crescita, poiché si innescano modificazioni di tipo strutturale che ridefiniscono l’evoluzione e la direzione dello sviluppo cognitivo.

Ritengo quindi che la modalità relazionale che un ragazzo disabile instaura con il suo caregiver sia un fattore determinate per il suo sviluppo: è fondamentale pertanto che, non solo il genitore, ma anche l’insegnante o l’educatore, credano fermamente nelle sue potenzialità, nella sua possibilità di miglioramento e di modifica di una traiettoria apparentemente “segnata” dalla sua condizione geneticamente compromessa.

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